ASD Désirée Diving Club

Storia del relitto di Salò

Inserito da Roberto Zenoglio il July 25, 2014

RELITTO BERARDI

Sul relitto Berardi se ne raccontano di tutti i colori e così mi è stato chiesto di scrivere nel nostro sito la vera storia del suo affondamento. 

La barca, di proprietà della madre dell’ing.Berardi, era stata attrezzata sullo scafo in acciaio che la Navigarda usava per trasporto merci. Col passare degli anni, non utilizzandola più, la barca era stata data in prestito al club di sci nautico di Toscolano Maderno ed era lì ormeggiata.

Nell’agosto del 1977 i giornali locali riportavano la notizia che la barca del dancing 2000 era stata affondata ipotizzandone la causa nel racket dei locali notturni. L’ing. Berardi, guardando la foto del giornale, esclamò "ma quella è la mia barca! Che ci faceva lì a Salò?" Su come sia arrivata a Salò la barca adibita a "garconniere" del dancing 2000 non ne parlo anche perché è ininfluente sull’affondamento. Comunque il Berardi disse "io la voglio a galla, poi qualcuno pagherà" e tramite il cantiere navale Archetti ci contattò. 

Con Franco Avanzi andammo a fare un sopralluogo per programmare il recupero. La barca, ormeggiata parallelamente alla costa con la prua al pontile dov’è adesso il bar, era affondata lungo la scarpata trattenuta dalla catena di prua e dalle cime di poppa ed era sommersa fino alla tuga. La poca profondità non consentiva l’uso di palloni da sollevamento e quindi, dopo aver eliminato dalla scarpata tutti i sassi che potevano ostacolare la risalita, con le due autogrù del Valle di Desenzano, iniziammo il recupero. Ancora un metro e la barca sarebbe stata sul pianoro dove si sarebbe potuto procedere allo svuotamento, ma un cavo si ruppe rimandando il tutto alla mattina seguente con un cavo nuovo. Rinforzammo l’ormeggio con cime nuove per non perdere il lavoro fatto ma, al mattino seguente, arrivato verso la fine della discesa delle zete pensai "toh, non ho visto come al solito l’albero della barca spuntare tra i cipressi". In effetti, giunto sul posto, non c’era più la barca. La catena era stata segata e le cime tagliate. Chiamati i carabinieri, recuperiamo sul fondo la maglia segata della catena, fotografiamo il tutto e andiamo a vedere dov’è finita la barca. Segata la catena, la barca si è posizionata con la prua verso il fondo poi, tagliate le cime di poppa, è scivolata eseguendo una curva a destra e fermandosi anche perché trattenuta dall’ancora. L’albero si era rotto ad 1 m dalla base e giaceva sul ponte. Passa un po’ di tempo e l’ing. Berardi insiste nel voler recuperare la barca. Vi risparmio i dettagli del progetto di recupero che mi costringerebbe a dire chi ci ha fornito i dati sbagliati sul peso della barca. Sta di fatto che con 42 tonnellate di spinta contro le 30 richieste la barca non si è mossa nemmeno trascinandola sul fondo per diversi metri. Accertato poi che il peso della barca era di 90 tonnellate, convincemmo l’ing. Berardi ad abbandonare l’idea del recupero. L’ancora e la catena andarono nel suo giardino e a noi rimase un relitto per le nostre immersioni.

Il verricello di prua, i 18 oblò in bronzo, le gruette di poppa, l’albero e il sartiame, il wc nautico ecc. sono state asportate negli anni seguenti, e anche qui un "omissis" per non fare nomi.

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